Si prova un senso di tenerezza e un inspiegabile autocompiacimento nel leggere l’opera prima di un collega che scrive per la stessa testata giornalistica, solo con maggior esperienza (e competenza) della propria. Si prova un pizzico di orgoglio, di soddisfazione, quasi che il romanzo provenisse da un mistico pianeta Kripton, cui entrambi apparteniamo, per mestiere e categoria, alieni al resto del mondo. Si pensa “ecco un altro di noi che prova il salto di qualità. Un altro che prova a diventare scrittore” E ci auguriamo che almeno lui riesca a farcela, colmando il vuoto del mestiere e della società a servizio della quale, chi piu chi meno, operiamo con intenzione. Ho provato queste, e altre dieci o cento emozioni che neanche mi son chiare, quando entrando alla Feltrinelli di Piazza Repubblica a Firenze, tempo fa mi sono imbattuta ne “Il rumore della pioggia” (Giunti editore), di Gigi Paoli, accatastato in almeno quatto pile regolari nel box delle novità di narrativa nazionale. L’ ho letto immaginandomi Gigi, che conosco assai bene come professionista, mentre lo scriveva creando personaggi, tessendo trame, svolgendo e riavvolgendo gli intrighi di un thriller ambientato nella città che entrambi conosciamo bene e amiamo fin troppo. La cosa che mi ha colpito di più? Il termine “gotica” per definirla. La cosa che mi ha appassionato di più? La lucidità d’analisi della condizione del giornalista contemporaneo, nella redazione in particolare, nella professione in generale. Il resto dei dettagli nell’intervista che ho fatto all’autore per il primo numero di Nuova Antologia del 2017, disponibile su Amazon, Ibs e sul sito dell’editore http://www.mauropagliai.it/
Firenze città gotica
Buona lettura…