“Rivoglio indietro la mia Inghilterra degli anni Sessanta, quella che credeva nell’eguaglianza, nel femminismo, nella libertà sessuale. Quella che ha ospitato molte delle rivoluzioni sociali che trasformarono l’Europa. Oggi, purtroppo, gli inglesi sono vittime di una controrivoluzione che intende ripristinare un regime antico, un regime che ormai non conserva più neanche il ricordo della dimensione idilliaca di un tempo”. Ha speso la vita e la carriera a denunciare il dramma del razzismo in tutte le sue manifestazioni lo scrittore, sceneggiatore e regista Hanif Kureishi, che con rammarico e frustrazione commenta l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea e il ritorno al populismo spinto in molti dei paesi dell’antico continente, Italia compresa. “Voglio dire all’Europa che è necessario cambiare –è il suo monito-, cominciando col tagliare le spese inutili e snellire la burocrazia. L’Europa deve diventare più democratica, eleggendo direttamente i propri leader. Dal canto nostro, come europei, dobbiamo amare e difendere l’idea dell’europeismo in quanto forza capace di diffondere pace e progresso”.
La nostalgia per gli anni ’60 e ’70, quando Londra era il cuore del fermento culturale rivoluzionario che avrebbe travolto per sempre la mentalità totalitaria della prima metà del secolo, emerge forte e chiara nell’ultimo lavoro firmato dal noto autore anglo pakistano Love+Hate (Bompiani Editore), una raccolta di diciannove brani, tra saggi e racconti, che cela sotto un mantello di ironia amara la realtà complicata delle minoranze (etniche, religiose, di genere e non solo) nell’Inghilterra dei giorni nostri. Un fermo immagine il suo, che riproduce la situazione dell’Europa intera, in un contesto storico in cui il dramma dell’immigrazione d’oltre mare rappresenta uno dei temi più scottanti a livello politico e sociale.
Sta scritto nel libro: “Il migrante è privo di colore, sesso, identità e ha finito per identificarsi con l’alieno. È un paradigma del morto vivente che invade, colonizza e contamina: una figura che non riusciamo a digerire né a vomitare”.
“Il problema più grave è che l’uomo ama odiare -denuncia Kureishi senza mezzi termini-. Il divario fra città e campagne, fra capitali e periferie rischia di irrigidirsi fino a trasformare elementi di una medesima realtà in due mondi lontani tra i quali può scatenarsi di tutto, anche che un paese europeo come la Gran Bretagna finisca fuori dall’Europa”.
Per quanto europeista convinto, sarebbe assai riduttivo rinchiudere un autore dai mille volti come Kureishi entro i confini una qualsiasi definizione, tanto stilistica quanto semantica; dunque i critici concordano sul fatto di non provarci neanche. Diremo solo che questo scrittore di padre pakistano e madre britannica ama focalizzare sulle esperienze urbane multiculturali, aprendo ai sincretismi e alle contaminazioni e collocandosi proprio perciò tra gli autori più interessanti della modernità. I suoi lavori, articolati tra cinema, teatro e narrativa, si concentrano sui temi dell’emarginazione delle minoranze e delle complesse relazioni che si intrecciano nelle nuove società multietniche. I più noti sono forse i romanzi The Buddha of Suburbia (Bompiani 1990), The mother (Bompiani 2003), e My beautifull laundrette, divenuto un film di successo con Daniel Day Lewis come protagonista.
(Articolo completo sul numero di settembre 2018 di Nuova Antologia)