Un ampio ventaglio di elementi costitutivi ben disposti costituisce la struttura e l’essenza di un romanzo che sa proporre, nei quarantasei capitoli che lo sostanziano, una efficace miscela di realismo e situazioni oniriche, di immersione nel mondo dei fenomeni e di capacità di approfondire i moti più inquieti (e di solito nascosti) del pensiero e dell’animo.
Non è di poco conto il fatto di riuscire a far scorrere in modo così piacevole la lettura di un narrato veramente atto a scavare oltre le superfici, così invitante sia riguardo al godimento dei sentimenti e delle emozioni che alla riflessione esistenziale e sui rapporti che si instaurano all’interno della famiglia, delle amicizie, delle passioni e degli amori, dando poi credibilità al tutto grazie all’accostamento con situazioni verosimili, in una Firenze “vera” e tangibile, alla quale si rimanda anche attraverso esperienze lavorative e personali che evidentemente attingono dal vissuto (e proprio per questo risultano così credibili), ma che sanno elevarsi a un livello universalizzante, permettendo una identificazione o, quantomeno, una possibilità di confronto attraente.
E allora sia i personaggi principali, i loro modi di essere e di sentire, gli avvenimenti che li vedono protagonisti (a volte loro malgrado), che le entità che ruotano loro intorno, diventano davvero tessere di un articolato e intrigante mosaico che contribuisce a formare uno “spaccato” affascinante di vita, una fonte di considerazioni sull’esistenza, sulle sue difficoltà, a volte sulle sue bizzarrie, ma anche sui sentimenti, sulle emozioni che ci animano – nel senso, proprio, che fanno risuonare delle vibrazioni nei nostri animi.
Alla riuscita della presa narrativa contribuisce uno stile elegante ma non ricercato, in grado, quando necessario, di riprodurre mimeticamente il parlato quotidiano, il flusso delle sensazioni e degli avvenimenti spesso imprevedibili e sovrapposti, e tutto questo aiuta a delineare e comprendere un personaggio come Cris, con le sue carenze, i suoi tormenti, le sue incertezze e i suoi bisogni, che lo rendono, nel loro inestricabile groviglio, così umano; o come Graziano, un amico che con tutte le sue stramberie tutti desidereremmo avere a fianco per una vita; o, per passare al piano dell’amore, come Alessandra, figura femminile delineata con una sensibilità e con una capacità di costruzione di un personaggio davvero notevoli.
Il richiamo a dimensioni ultraterrene, a qualcosa che va oltre la razionalità e la quotidianità, aggiunge sapore e mistero alla narrazione, dà mordente e stimolo perché riesce a interrompere il flusso di sicurezze che spesso ci illude, o che utilizziamo come scudo per non cedere al caos esistenziale, sapendo però, sotto sotto, che l’elemento irrazionale è sempre pronto a irrompere, Dio solo sa in quali forme, nelle nostre vite.
Quindi, all’interno di questo intreccio così ben costituito, convincenti appaiono le figure genitoriali, i colleghi di lavoro, gli incontri occasionali, in una gustosa immersione che coinvolge e spinge a riflettere sulle prismatiche sfaccettature con le quali ci troviamo a contatto non solo nei confronti con il mondo esterno, con “l’altro da sé”, ma anche con quelle parti interiori che sono insieme i nostri angeli e i nostri demoni, i nostri slanci passionali e le nostre pulsioni più nascoste (anche a noi stessi), le nostre costituenti intellettive e razionali e le richieste che la società ci fa e che spesso non corrispondono ai nostri “desiderata”, senza dimenticar che in fondo ogni narrazione è un percorso di conoscenza, una liberazione con le parole di una parte importante, perché creativa, di sé, e, ancora, un ponte di comunicazione lanciato verso chi avrà la volontà di leggere ciò che vogliamo raccontare.
Il “gioco narrativo” al quale Caterina Ceccuti ci invita così piacevolmente a partecipare vale veramente la pena: non mancheranno le sorprese, le scoperte, il piacere e la riflessione, le emozioni, in un percorso abilmente congegnato e ricco di sincera volontà comunicativa, che si avvale di un’esposizione attenta e che davvero riesce ad evocare una dimensione… da degustare, con tutti i suoi sapori agrodolci.
Massimo Seriacopi